La sovrappopolazione non è più una previsione dei futurologi, ma una nuova realtà. Irina Kalabichina, docente dell’Università Statale Lomonosov di Mosca, spiega perché ciò accade, se dovremmo temerlo e come affrontarlo.
Punti salienti dell’intervento
Nel 1972, gli scienziati del Club di Roma hanno pubblicato un rapporto sui limiti della crescita demografica, in cui hanno stimato che otto miliardi di persone rappresentano il limite di sostenibilità del nostro pianeta. Oggi sappiamo che questa soglia ci attende molto presto: entro il 2025 nascerà l’ottavo miliardesimo abitante della Terra.
Gli esperti delle Nazioni Unite stimano che raggiungeremo il limite di dodici miliardi di abitanti. Altri ricercatori ritengono che entro la fine del XXI secolo arriveremo a nove miliardi di persone. Nel 2060 ci sarà una svolta e la popolazione della Terra smetterà di crescere e inizierà a diminuire.
Dobbiamo temere la sovrappopolazione? Probabilmente no. La popolazione tende a concentrarsi in aree specifiche, negli agglomerati costieri e, quindi, non si tratta di un problema globale.
La sovrappopolazione va analizzata nel contesto delle risorse. La produzione di alimenti di origine proteica e vegetale è aumentata nell’ultimo mezzo secolo, ma anche pro capite consumiamo più di quanto facevamo mezzo secolo fa. E sebbene l’umanità stia affrontando il problema della nutrizione, risorse come l’acqua pulita sono certamente preoccupanti.
Questa forte crescita demografica del XX secolo è una conseguenza della transizione demografica, il passaggio da uno stato di equilibrio ad un altro: da tassi di natalità e mortalità elevati a tassi di natalità e mortalità bassi. L’Europa ha da tempo completato la sua transizione demografica e ora sostiene la propria popolazione grazie ai flussi migratori.
Quando la fertilità diminuisce a un ritmo sostenuto, l’economia di un Paese può trarne beneficio: si liberano fondi da investire nell’economia e nel nuovo capitale umano.
L’Asia non sta più dettando la moda per la crescita della popolazione, e l’Africa è solo all’inizio. La popolazione africana cresce del 2% annuo, ed è in fase di transizione demografica. Per esempio, la nostra generazione vedrà il Congo e la Tanzania entrare nella lista dei paesi più popolosi.
La prossima sfida è l’invecchiamento della popolazione. Sia l’età media della popolazione che la percentuale di persone con più di 65 anni stanno aumentando. La percentuale di persone con più di 80 anni sta aumentando ancora più rapidamente. Queste persone hanno stili di vita ed esigenze proprie.
Viviamo più a lungo e restiamo in salute più a lungo. Anche la durata di una vita sana sta aumentando, e questo non può che essere positivo. Naturalmente, le regole e le condizioni della nostra presenza sul mercato del lavoro stanno cambiando. Offrire alle persone oltre i 40 anni l’opportunità di conseguire un ulteriore titolo di studio superiore, potrebbe rappresentare un’occasione per raccogliere un secondo raccolto.
Va ricordato che l’invecchiamento della popolazione nel XX secolo è avvenuto nei paesi ricchi, dove gli anziani potevano permettersi buone pensioni e un elevato tenore di vita. Ma entro il 2050, l’80% degli anziani vivrà nei Paesi in via di sviluppo, che non saranno altrettanto ricchi e non disporranno di altrettante risorse. La competizione per l’accesso alle risorse potrebbe quindi intensificarsi, sia tra le diverse generazioni sia all’interno della popolazione anziana stessa.