Conosci il tè Ivan? Perchè nella Russia del XIX secolo la sua vendita era vietata?
Il tè venne introdotto in Russia, per la prima volta, nel XVII secolo, quando gli ambasciatori cinesi lo regalarono allo zar Michail Fjodorovič. Fino al 1862 la bevanda veniva trasportata via Kyakhta e Siberia: il trasporto via terra rendeva il prodotto, già poco accessibile, molto costoso. La popolarità del tè continuò a crescere; tanto che a metà del XIX secolo ne vennero importate, nel paese, almeno sei mila tonnellate. Nonostante tale crescita i prezzi continuarono ad essere molto alti. Persone intraprendenti trovarono il modo di risolvere il problema: le foglie usate venivano essiccate, pulite e riconfezionate. Tuttavia, il consumo di questo “tè” era pericoloso per la salute, poiché gli infusi venivano trattati con varie sostanze e coloranti per farli sembrare naturali.
L’autentico tè di Kopor’e
C’era, però, un’altra possibilità, ovvero essiccare e far fermentare una materia prima russa: l’epilobio. Questa pianta, chiamata anche camenerio (in russo Ivan-Čai), era nota da tempo per le sue proprietà medicinali nella cura delle ulcere e dei mal di testa. Originariamente veniva raccolta e poi essiccata nelle vicinanze del villaggio di Kopor’e, da cui il tè prese il nome. Ben presto si iniziò a produrla ovunque, dato che l’epilobio si adatta facilmente a qualsiasi terreno. Si mescolava la pianta al tè vero e proprio o si vendeva sotto le mentite spoglie del tè cinese, ad un prezzo inferiore che variava da uno a tre rubli.
Il divieto dell’epilobio
I commercianti di tè cinese cercarono di opporsi alle contraffazioni, presentando anche una petizione in cui dichiaravano di provare imbarazzo per la situazione. Per combattere il tè di Kopor’e, nel 1816 si vietò la contraffazione del prodotto cinese e nel 1833 il commercio di prodotti contraffatti. Multe e confisca dei beni, ma anche privazione dei diritti e invio in compagnie di detenzione militare rappresentavano le sanzioni per coloro che violavano ripetutamente tali leggi. Anche nello statuto della polizia del villaggio di Kopor‘e apparve un articolo che proibiva la raccolta e l’uso dell’epilobio, sia puro che mescolato al tè cinese.
Un esempio di ciò che poteva accadere risale al 1888 con il caso dei fratelli Alexander e Ivan Popov, produttori di tè di Kopor’e. Questi ultimi si ritrovarono sul banco degli imputati per aver venduto foglie contraffatte in confezioni molto simili all’originale. Di conseguenza, si privò Alexander Popov, che si assunse la piena responsabilità del crimine, di tutti i suoi diritti, mandandolo, inoltre, in esilio permanente nella provincia di Tomsk.